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Lesione del legamento crociato posteriore: sintomi, diagnosi e trattamento

Il legamento crociato anteriore (LCA) ed il legamento crociato posteriore (LCP) uniscono il femore con la tibia. I legamenti crociati controllano i movimenti di traslazione antero-posteriore tra il femore e la tibia. Il legamento crociato anteriore impedisce lo scivolamento in avanti della tibia rispetto al femore, mentre il legamento crociato posteriore lo scivolamento indietro.

Il legamento crociato posteriore, è la struttura più robusta del ginocchio, con un diametro quasi il doppio rispetto al legamento crociato anteriore, controlla principalmente la traslazione posteriore della tibia, cioè impedisce che la tibia si sposti eccessivamente all’indietro rispetto al femore e limita anche la rotazione esterna. Le lesioni del legamento crociato posteriore sono meno frequenti rispetto a quelle del legamento crociato anteriore (rappresentano circa il 10% di tutte le lesioni legamentose).

Meccanismo della lesione

Il meccanismo più comune è una forza diretta posteriormente sulla porzione prossimale della tibia col ginocchio flesso. Questo avviene spesso nel corso di un incidente automobilistico, quando il ginocchio del conducente o del passeggero anteriore colpisce il cruscotto al momento dell’impatto. Un meccanismo simile può verificarsi negli sport di contatto come il football americano ed il calcio (classico il trauma del portiere in uscita con impatto sulla gamba dell’avversario in corsa). La forza posteriore può essere combinata con una forza in varo o in rotazione, cosa che può determinare una lesione delle strutture legamentose laterali o postero-laterali.

Un altro meccanismo di lesione è la caduta a ginocchio flesso, soprattutto quando il piede è in flessione. Una lesione del legamento crociato posteriore può anche essere determinata da un trauma in iperestensione (tipico il calcio a vuoto).

Sintomi

Nell’immediato, in fase acuta i sintomi sono i seguenti.

  • Si avverte uno schiocco (sensazione di crac articolare);
  • Dolore;
  • Versamento (non sempre presente).

In fase cronica la lesione del legamento crociato posteriore può essere meglio tollerata rispetto ad una lesione del legamento crociato anteriore, in genere la rottura isolata del legamento crociato posteriore non causa fenomeni di grave instabilità articolare ed i cedimenti sono meno frequenti rispetto ad una lesione del legamento crociato anteriore.

La sintomatologia è soprattutto dolorosa di diversa intensità con un’alterazione della normale motilità articolare che può determinare nel tempo un aumentato rischio di alterazioni degenerative a carico della cartilagine articolare e dei menischi.

Le lesioni combinate, cioè una lesione del legamento crociato posteriore associata a lesione di altri legamenti, causano una marcata instabilità articolare che può essere presente anche durante la normale deambulazione.

Diagnosi della lesione del legamento crociato posteriore

La diagnosi di rottura del legamento crociato posteriore si può ottenere attraverso la valutazione clinica. 

Test del cassetto posteriore

Le indagini strumentali risultano comunque essere altrettanto importanti per un adeguato approccio diagnostico e terapeutico. Oltre alla valutazione clinica, gli esami diagnostici frequentemente richiesti sono:

  • La R.M.N. (Risonanza Magnetica Nucleare) che mette in evidenza l’aspetto del legamento fornendo importanti informazioni soprattutto nelle lesioni acute, quando il ginocchio è spesso difficile da valutare clinicamente;
  • Le radiografie del ginocchio sotto stress, che consentono di misurare quanto la tibia si sposti posteriormente rispetto al femore.

Trattamento

Il legamento crociato posteriore, contrariamente all’anteriore, ha una discreta capacità di guarire e sviluppare una “cicatrice” funzionalmente valida, tanto che in molti casi, quando la lesione non è completa, un buon trattamento fisioterapico riesce efficacemente a ripristinare una buona funzionalità articolare. Quando invece la rottura è completa e determina un eccessivo spostamento posteriore della tibia, rilevabile con l’esame clinico e le radiografie sotto stress, è indicata la ricostruzione chirurgica del legamento.

Intervento chirurgico

L’intervento di ricostruzione del legamento crociato posteriore viene eseguito con tecnica artroscopica (tecnica chirurgica che permette di osservare l’articolazione del ginocchio attraverso piccole incisioni di circa 1 cm) che offre numerosi vantaggi quali: una migliore visualizzazione dell’articolazione, un miglior posizionamento del neo-legamento, una riduzione del dolore post-operatorio ed un miglior recupero post-operatorio.

Il legamento, una volta rotto, non può essere riparato, è necessario quindi ricostruirlo utilizzando un trapianto tendineo. Possono essere usati diversi tendini: il tendine del quadricipite, il tendine rotuleo oppure i tendini del semitendinoso e del gracile. Generalmente utilizzo i tendini del semitendinoso e del gracile.

Il prelievo dei tendini del semitendinoso e del gracile viene effettuato attraverso una incisione cutanea di circa 5 cm sulla faccia antero-mediale del ginocchio. Successivamente la ricostruzione viene eseguita interamente sotto controllo artroscopico.

I tendini vengono fatti passare all’interno dell’articolazione attraverso due fori, uno sulla tibia (l’osso della gamba) e l’altro sul femore (l’osso della coscia). Il trapianto è poi fissato sia sul femore che sulla tibia con due viti in materiale riassorbibile.

Complicanze

Le complicanze generali per questo tipo di intervento, sono le stesse che per ogni altro tipo di intervento: l’infezione (l’infezione articolare ha un’incidenza dell’ordine del 1-2%, e può essere trattata con terapia antibiotica, ma talvolta può essere necessaria un nuovo intervento in artroscopia all’insorgere dell’infezione per rimuovere il materiale infetto dall’articolazione) e la flebotrombosi profonda(occlusione di una vena).

Le complicanze specifiche dell’intervento sono:

  • La diminuzione dell’escursione articolare del ginocchio (artrofibrosi);
  • Il dolore anteriore del ginocchio (cioè la persistenza di dolore, localizzato in corrispondenza della rotula, della porzione superiore della tibia o del tendine rotuleo, che si manifesta tipicamente sotto sforzo);
  • Dolore e tumefazione persistenti;
  • Lassità residua articolare dovuta al fallimento dell’intervento (l’incidenza di un insuccesso dell’intervento per la recidiva della lassità è del 15-20%);
  • La necrosi asettica del condilo femorale mediale; può talvolta residuare una modesta lassità posteriore ma di scarso significato funzionale). In questo tipo di intervento vi può pure essere il rischio di una grave lesione nervosa (nervo peroneo comune) o vascolare (arteria poplitea).

Degenza Ospedaliera

3-4 giorni

Riabilitazione

Dopo l’intervento, è necessaria una corretta fisioterapia riabilitativa impostata in modo da evitare eccessive sollecitazioni al trapianto durante la fase di guarigione che possano condurre alla sua rottura od al suo allungamento.

L’impossibilità ad aderire ad un corretto trattamento riabilitativo è una controindicazione all’intervento. Il programma riabilitativo può essere riassunto nelle seguenti fasi:

  • 1°/2° giornata: medicazione e ripresa della deambulazione (carico concesso a tolleranza) con bastoni canadesi e ginocchiera articolata bloccata in estensione;
  • 3°- 4° giornata: dimissione dall’ospedale;
  • 6° – 7° giorno: inizio ginnastica passiva;
  • 15° giorno: desutura ferita chirurgica di sutura e proseguimento ginnastica passiva;
  • 21° giorno: inizio della ginnastica attiva e fisioterapica;
  • 45° giorno: rimozione del tutore, deambulazione libera (autorizzata la guida di automobile);
  • Tra il 45° e il 60° giorno: ripresa dell’attività lavorativa (può modificarsi in relazione al tipo di attività svolta);
  • dopo il 90° giorno: intensificazione degli esercizi in palestra e ripresa di una moderata attività fisica;
  • dopo il 6° mese: attività mirata alla ripresa dello sport;
  • 9° mese: ripresa attività sportiva.

Complicanze dell’intervento chirurgico

  • Infezioni della ferita o intra-articolari (1-2%);
  • Sanguinamento ed ematoma, frequente ma solitamente di nessun significato;
  • Lesioni nervose o vascolari: arteria poplitea e nervo peroneo comune;
  • Condromalacia della rotula: perdita di consistenza della cartilagine articolare;
  • Fratture della rotula (in caso di utilizzo tendine rotuleo);
  • Tendiniti del tendine rotuleo;
  • Perdita del tono del quadricipite;
  • Rottura degli strumenti chirurgici dentro l’articolazione: rara;
  • Fallimento del trapianto: 15-20%;
  • Rigidità articolare: questa può essere corretta durante la riabilitazione, può però residuare una grave diminuzione del movimento dell’articolazione e può quindi essere necessario un nuovo intervento chirurgico;
  • Trombosi venosa profonda;
  • Complicanze legate all’anestesia.
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